Smartphone e adolescenti: colpevoli o no?

Smartphone e adolescenti sono al centro di un acceso dibattito che mescola scienza, preoccupazioni genitoriali e politiche pubbliche. Mentre da una parte si punta il dito contro gli effetti negativi dei social network sulla salute mentale giovanile, dall’altra una parte crescente della comunità scientifica invita alla cautela e all’analisi dei dati.

A riaccendere i riflettori sulla questione è stato il libro The Anxious Generation dello psicologo Jonathan Haidt, in vetta alle classifiche americane. Secondo l’autore, gli smartphone stanno cambiando i cervelli dei ragazzi, sostituendo attività fondamentali come il gioco, il sonno e le relazioni sociali con ore di scrolling passivo.
Una tesi che ha avuto grande risonanza, ma che secondo molti esperti, non è suffragata da prove scientifiche solide.

Smartphone e adolescenti: una relazione più complessa del previsto

Diversi studi dimostrano che la salute mentale degli adolescenti è effettivamente in crisi. Negli Stati Uniti, tra il 2010 e il 2015, i sintomi depressivi tra i giovani sono passati dal 16% al 21%, e il tasso di suicidio è cresciuto in modo preoccupante. Tuttavia, non esiste una prova diretta che colleghi in modo causale questo peggioramento all’uso dei social media o degli smartphone da parte degli adolescenti.

Un’importante revisione del 2024 dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti ha evidenziato come gli effetti dell’uso dei social sulla salute mentale siano in media molto ridotti e variabili. Alcuni adolescenti si sentono peggio dopo aver navigato sui social, ma altri ne traggono beneficio o non notano alcuna differenza. Secondo uno studio del 2021, il 28% si sente peggio dopo l’uso dei social, il 26% si sente meglio e il restante 45% non percepisce cambiamenti significativi.

Secondo la psicologa Sarah Coyne, non è il tempo passato online a determinare l’impatto psicologico, ma il contenuto consumato e lo stato emotivo dell’utente. Alcuni ragazzi trovano nei social supporto, connessioni e senso di appartenenza, mentre altri sviluppano ansia, insicurezza o isolamento.

Ciò che emerge con chiarezza è che le statistiche generali sull’utilizzo degli smartphone da parte degli adolescenti, non bastano a descrivere una realtà così sfaccettata. E anche se esistono casi estremi e tragici, come quello di Molly Russell, la quattordicenne britannica che si è tolta la vita dopo essere stata esposta a contenuti sul suicidio, non possiamo generalizzare queste esperienze a tutta la popolazione adolescenziale.

Educazione digitale e nuove responsabilità per genitori e istituzioni

I ricercatori avvertono che le ricerche disponibili sono ancora troppo frammentarie, spesso basate su autovalutazioni imprecise e dati limitati. E, come ricorda l’esperta Amy Orben, si tende a ignorare fattori strutturali ben più rilevanti, come la povertà, la solitudine, le discriminazioni o le disuguaglianze sociali, che hanno un impatto profondo e diretto sulla salute mentale dei giovani.

Oggi le linee guida educative suggeriscono un approccio personalizzato: invece di imporre rigide soglie temporali, è più utile parlare con i propri figli, costruire fiducia e stabilire regole condivise, come ad esempio mantenere la camera da letto o i pasti liberi dagli schermi. La relazione tra genitore e figlio è il vero strumento preventivo.

Se un adolescente dorme bene, ha buoni rapporti sociali, pratica attività fisica e si mostra generalmente sereno, allora forse lo smartphone non è il nemico da combattere.

Intanto, la tecnologia continua a evolversi. I giovani stanno già passando dai social network all’uso di strumenti di intelligenza artificiale come chatbot e assistenti virtuali. Anche qui, la ricerca dovrà correre per comprendere tempestivamente l’impatto di queste nuove abitudini digitali.

Il punto non è demonizzare lo schermo, ma capire come si inserisce nella vita quotidiana dei ragazzi e come può diventare un alleato, invece che una minaccia, per il loro benessere psicologico.

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