Intelligenza artificiale e copyright

L’avvento dell’intelligenza artificiale generativa ha aperto scenari affascinanti nel mondo della creatività e del copyright, ma anche una lunga serie di interrogativi legali. Uno dei più dibattuti riguarda proprio il diritto d’autore: chi possiede i diritti su un’opera prodotta interamente da un algoritmo? La risposta, almeno per ora, è chiara negli Stati Uniti: l’AI non può essere considerata un autore giuridicamente riconosciuto.

Negli Stati Uniti, una recente sentenza ha ribadito che le opere create esclusivamente dall’intelligenza artificiale non sono protette dal diritto d’autore. Ma cosa succede se l’essere umano interviene nel processo creativo?Una recente sentenza del tribunale distrettuale federale del District of Columbia ha confermato la posizione dell’Ufficio per il Copyright degli Stati Uniti (Usco) nel caso Thaler v. Perlmutter. È l’ennesima tappa in un confronto che coinvolge legislazione, creatività, innovazione e tutela dei diritti.

Il caso Thaler: quando a “creare” è una macchina

Tutto parte da Stephen Thaler, informatico e creatore di un modello di intelligenza artificiale chiamato Creativity Machine. Questa AI ha generato un’immagine digitale, A Recent Entrance to Paradise, e Thaler ha tentato di registrarla all’Usco come opera d’arte, indicando la macchina come autrice e se stesso come titolare dei diritti patrimoniali.

La risposta è stata netta: nessun diritto d’autore per un’opera creata esclusivamente da un’AI, in assenza di un contributo umano rilevante. Il tribunale ha confermato questa interpretazione, ribadendo che il diritto d’autore, secondo il Copyright Act del 1976, tutela solo le opere frutto di creatività umana.

Questa presa di posizione si allinea con la linea già adottata a livello internazionale dall’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO) e dall’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO), che escludono esplicitamente la possibilità di riconoscere un’intelligenza artificiale come inventore o autore.

Quando l’intelligenza artificiale è uno strumento (e non un autore)

Ma cosa succede se l’intelligenza artificiale non crea da sola, ma viene guidata da un essere umano? È qui che si apre uno spiraglio per la protezione delle opere generate da AI. L’Usco, nel documento Copyright Registration Guidance: Works Containing Material Generated by Artificial Intelligence, ha chiarito che il diritto d’autore può essere riconosciuto se c’è un apporto umano creativo sufficiente.

Per esempio, è il caso dell’opera A Single Piece of American Cheese dell’artista Jason M. Keirsey, che ha utilizzato tecniche di “inpainting” per selezionare, modificare e combinare contenuti generati da un’AI, dando vita a un risultato artistico unico. L’Ufficio per il copyright ha ritenuto l’intervento umano abbastanza significativo da giustificare la protezione.

Prompt, input e originalità: dove si traccia il confine?

Un altro aspetto chiave del dibattito riguarda l’uso dei prompt – quei comandi testuali che guidano il comportamento dell’AI. Secondo l’Usco, la sola scrittura di un prompt, anche molto articolato, non basta per garantire il diritto d’autore. Questo perché l’output finale prodotto dall’algoritmo resta imprevedibile e non del tutto controllabile, rendendo difficile attribuire l’opera alla sola creatività umana.

Tuttavia, se un autore integra materiali propri, già coperti da copyright, all’interno del processo di generazione, oppure rielabora attivamente l’output dell’AI, può rientrare nei criteri di originalità richiesti per la tutela.

Intelligenza artificiale e copyright: una sfida aperta

Il tema intelligenza artificiale e copyright è destinato a rimanere al centro del dibattito giuridico e culturale per i prossimi anni. La tecnologia evolve rapidamente e sempre più aziende stanno integrando l’AI nei loro flussi creativi. Proprio per questo sarà fondamentale che chi utilizza questi strumenti documenti il proprio apporto umano nel processo di creazione, per evitare problemi legali e poter tutelare i propri contenuti.

Nel frattempo, l’Usco ha annunciato di voler monitorare gli sviluppi globali, mantenendo una posizione aperta a possibili revisioni future.

Una cosa, però, è certa: almeno per ora, la creatività resta una questione umana, anche quando passa attraverso i circuiti di una macchina.

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