Gli ecosistemi marini si possono salvare

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Questa volta parliamo di ecosistemi marini e di come, con il giusto intervento, possano davvero rinascere. Un grande studio internazionale, pubblicato su Nature Communications, ha analizzato 764 progetti di ripristino degli habitat marini sparsi in tutto il mondo, e i risultati sono molto incoraggianti: solo il 9% di questi interventi è fallito, mentre il 64% ha avuto successo pieno.

In altre parole, ripristinare gli ecosistemi marini funziona, e non è solo una buona notizia per la biodiversità ma anche per l’economia.

Il mare può guarire

Il team dietro alla ricerca è composto da 24 biologi marini che, esaminando interventi effettuati in barriere coralline, foreste di mangrovie, praterie marine e altri habitat, ha scoperto che la maggior parte delle specie reintrodotte riesce a sopravvivere e, in alcuni casi, a espandersi. Le barriere coralline e le foreste di macroalghe, ad esempio, hanno mostrato i tassi di successo più alti, mentre le praterie di fanerogame marine e le paludi salmastre restano tra gli ambienti più difficili da ripristinare.

La bella notizia è che il ripristino funziona anche quando l’ambiente non è perfetto. Roberto Danovaro, tra gli autori dello studio e direttore del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente all’Università Politecnica delle Marche, spiega che non è necessario aspettare che l’inquinamento sparisca del tutto. Intervenire subito, anche in ambienti compromessi, può accelerare la rinascita della biodiversità marina. Un esempio? Nell’area di Bagnoli, in Campania, sono stati piantati ciuffi di Posidonia oceanica su reti metalliche anche in presenza di contaminanti. Risultato: la pianta ha attecchito comunque.

Interventi attivi per gli ecosistemi marini

Un’altra tecnica che sta dando buoni risultati è il trapianto di interi habitat, una strategia relativamente nuova ma promettente. Funziona con piante come la posidonia, e in alcuni casi anche con alghe e mangrovie. In pratica, si “piantano” porzioni di ambiente marino in zone degradate, ricreando le condizioni ideali perché tornino a vivere.

Attenzione però: ripristinare non basta, bisogna anche mantenere. Spesso, dopo eventi naturali come tempeste o l’arrivo di specie invasive, molte aree restaurate sono andate perse perché mancava un piano di monitoraggio. Secondo Danovaro, servono soluzioni pratiche e a basso costo: droni, sensori sottomarini e collaborazione con i pescatori locali possono fare la differenza.

E c’è anche un altro strumento poco usato ma molto efficace: le aree marine protette. Il problema? Solo il 2% degli interventi analizzati ne ha previsto una. Un’occasione persa, visto che creare una sorta di “zona cuscinetto” intorno all’habitat fragile aiuta a mantenerlo sano più a lungo.

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Ripristinare il mare conviene economicamente

Se vi state chiedendo quanto costa tutto questo, la risposta è: dipende. Gli interventi in acque basse vanno da 0,45 a 23 milioni di euro per ettaro. Ma attenzione: ogni 100 dollari investiti nel mare, ne possono tornare anche 170. Un recupero quattro volte superiore all’investimento iniziale, soprattutto se si parla di barriere coralline, che portano benefici enormi a turismo e pesca.

Le foreste di mangrovie del delta del Mekong, ad esempio, potrebbero generare un ritorno di 53.000–177.000 euro all’anno per ettaro. Questi ecosistemi marini non solo proteggono le coste da tempeste e inondazioni, ma sono anche una vera nursery per moltissime specie marine.

E in Italia?

Purtroppo, non siamo messi benissimo. L’Italia, con i suoi 8.300 km di coste, ha ancora poche aree marine protette, meno del 10%. Il motivo? Mancano i fondi e c’è il timore che proteggere il mare significhi togliere spazio a pesca e turismo. Ma forse c’è una soluzione: i parchi eolici offshore.

Se venissero autorizzati tutti i progetti in attesa, si potrebbero trasformare in aree protette gestite dai privati, raddoppiando le zone marine tutelate. Insomma, i numeri parlano chiaro: gli ecosistemi marini non sono persi. Con un po’ di impegno, manutenzione e lungimiranza possiamo davvero farli rinascere. E alla fine, ci guadagnano tutti: il mare, la biodiversità… e anche noi.

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